"The unexamined life is not worth living"
Socrates

venerdì 25 ottobre 2013

SARA' PER AMORE CHE VIVRAI IN ETERNO


In questo periodo storico in cui viviamo capita spesso di domandarsi che senso abbia continuare a vivere, se esiste ancora qualcosa per cui vivere, cioè qualcosa che costituisca la ragione del proprio vivere. Spesso si risponde a questi interrogativi appigliandosi a ciò che ha maggior valore nella propria vita: la famiglia, l'amore, gli amici, il poter aiutare gli altri e per alcuni ancora la carriera. Ma proprio ciò che ogni uomo vive in questo momento storico sta a mostrare che nessuno di questi elementi può costituire la ragione ultima del proprio vivere, quel 'quid' che dia un senso a tutto il resto: nel momento in cui tutto ciò che utilizziamo per dare un senso alla vita umana si scontra con la morte, perde la propria capacità di offrire un significato. Che senso ha amare, fare del bene o realizzarsi nel lavoro quando poi tutto ha fine?


Ciò non deve lasciare l'uomo sgomento perché la realtà che viviamo e osserviamo ci mostra anche dell'altro. Nel bene, nella bellezza, nella verità, nell'amore e nell'umanità (ogni qualvolta essa dia espressione a questi valori) possiamo scorgere l'esistenza e la promessa dell'eternità. Un animo sensibile sente dentro di  l'eternità ogni qualvolta esso abbia la possibilità di contemplare la bellezza della natura o di aiutare un altro essere umano. E a tutti è dato, quando si ama qualcuno, di sentire che appartiene a quell'amore particolare di durare in eterno. Dunque se è vero che la realtà ci mostra un limite, essa ci fa anche scorgere l'infinito. Ciò significa che solo l'eternità e la lotta dell'uomo per raggiungerla possono realmente dare significato alla vita umana.



E' giusto a questo punto della nostra riflessione chiedersi allora come fare a raggiungere questa eternità. Qui rientra in gioco quello stesso amore che da solo era incapace di fornire un significato alla vita del singolo individuo. Ad ogni vero fenomenologo (ed agli osservatori attenti) non sfuggirà infatti che l'uomo sembra naturalmente nato per amare ed essere amato: un uomo ben nutrito e che possegga tutto ciò che gli fosse necessario ma che non sia amato da nessuno appare come un morto che cammina. E' quindi nell'amore che l'uomo realizza la propria essenza, è amando che l'uomo diventa Uomo. Ne deriva l'importanza primaria dell'amore per l'uomo rispetto agli altri elementi (il bene, la bellezza e la verità).


Ciò non è sufficiente per fare dell'amore il mezzo che ci fa giungere all'eternità: esso deve possedere come caratteristica essenziale la capacità di salvare. Il bene contiene valore salvifico; esso è tuttavia legato ad un agente esterno che faccia corrispondere in premio al bene compiuto la salvezza, il che porrebbe un ulteriore problema (che non sta a noi affrontare in questa sede), cioè la dimostrazione della reale esistenza di un agente esterno. La bellezza contiene solo la capacità di elevarci ad una pura contemplazione dell'eterno, essa non consegna nulla nelle mani dell'uomo se non questa visione. E lo stesso si può affermare della verità che consegna all'intelletto la luce di una conoscenza certa ma che non salva l'uomo (seppur gli sia molto utile). L'amore invece contiene in sé valore salvifico: quando una persona ama un'altra, essa fa l'esperienza del tornare in vita, dell'essere salvati paradossalmente dalla vita stessa. E ciò vale per ogni tipo di amore (sponsale, amicale, genitoriale ecc...), ma per gradi differenti nei quali l'amore sponsale occupa il grado maggiore.


Per questo, in ultima analisi, l'amore in tutte le sue forme costituisce l'unica ragione di vita poiché esso è strettamente legato all'eternità e all'essenza dell'uomo venendo a costituirsi come ponte tra i due.

2 commenti:

  1. Leggendo ciò che hai scritto ho ricordato, ancora una volta, Epicuro ed esattamente l'ultima frase della sua "Lettera sulla felicità": " Non sembra più nemmeno mortale l'uomo che vive fra beni immortali". Sì, credo siano i beni immortali la chiave del tutto: Bellezza, Amore, Umanità...

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  2. riccardo de neviero22 marzo 2014 alle ore 21:58

    Noi non siamo responsabili per gli altri ...
    ma siamo responsabili di essere un esempio per gli altri .
    La vergogna di Adamo e' stata quella di non aver protetto sua sorella Eva , di non farla cadere , allora .... ha iniziato ad accusarla .
    Avrebbe dovuto solo .....cambiare se stesso . Provvedendo ad essere un esempio , avrebbe indennizzato la sua mancata responsabilita' .
    Allora .....tutte le volte che sale dentro di noi un senso di colpa ....legato a vicende passate , impariamo ad auto-motivarci sia a cambiare noi stessi ma anche ad impegnarci di piu' invece di ........chiedere solo perdono o cercare di curare i danni causati da noi stessi .
    Non siamo responsabili di curare gli altri ....ma servirli si .... . La sola cura esistente , e' quella di noi stessi . IL se stesso puo' curare se stesso ....sia spirituaLmente che fisicamente .
    Noi abbiamo bisogni di essere in quel luogo ....per gli altri .....nel caso in cui gli altri , hanno bisogno di qualcuno/a che puo' ascoltarli , o prendersi cura momentaneamente del loro cane .....in modo che loro possano avere un momento libero da dedicare a loro stessi .

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